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Shutterstock - Photo by Vera Vakulova
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Shutterstock - Photo by Vera Vakulova
Esistono luoghi il cui fascino è rappresentato, in buona parte, proprio dalla loro relativa inaccessibilità all'uomo. Anfratti particolarmente inospitali - vuoi per condizioni atmosferiche o per obiettive difficoltà ad essere raggiunte - che acquistano già di per sé una allure che rende assai labile il confine tra realtà e letteratura. È senza alcun dubbio il caso dell'Isola di Wrangel: un posto davvero unico al mondo che, non avendo subito la glaciazione nel Quaternario, risulta un autentico scrigno di biodiversità artica. Patrimonio naturale UNESCO dal 2004 (è il sito più a nord del globo a fregiarsi di questo titolo), l'Isola di Wrangel vanta, ad esempio, la più grande popolazione mondiale di trichechi del Pacifico, la più alta densità di tane di orsi polari ancestrali ed è sito privilegiato di nidificazione per ben cento specie di uccelli migratori, molte delle quali in via di estinzione. Oltre a foche, renne e buoi muschiati.
L'isola si trova nell'oceano Artico, fra il mare dei Chukci ed il mare della Siberia orientale e si sviluppa in 150 chilometri di lunghezza e 80 di larghezza, arrivando a coprire un'area di 7.865 km². Il massimo rilievo presente è il monte Sovetskaja, alto poco più di mille metri. L'isola, principalmente rocciosa, ospita un solo insediamento umano permanente, Ušakovskoe, oltre che una stazione meteorologica. È interessante notare che il 180° meridiano divide l’isola in due parti. Pertanto, si trova contemporaneamente negli emisferi occidentale e orientale. L'isola deve il suo nome al barone Ferdinand Wrangel, esploratore della marina imperiale russa che, nel 1820, organizzò una spedizione per verificare l'attendibilità di alcune storie narrate dai Chukci su una massa di terraferma. La spedizione terminò quattro anni dopo, senza successo. Nel 1867 Thomas Long, capitano di una baleniera statunitense, avvistò l'isola e le diede il nome attuale in ricordo allo sfortunato Wrangel.
Ma la storia dell'Isola di Wrangel si intreccia con quelle di altri uomini straordinari. Come John Muir, il grande naturalista scozzese trapiantato in America, che qui arrivò nel 1881 al seguito di una spedizione statunitense partita, in apparenza, per portare soccorso ai marinai della “Jeannette”, capitanati da George W. DeLong. La compagine di DeLong, ipnotizzata dalla scoperta di nuove rotte commerciali intorno al Polo, fu respinta e stritolata dai ghiacci. Muir descrisse poi quella che lui stesso definì la “terra dell'orso bianco” in un libro tradotto per la prima volta in Italia da poco grazie alle edizioni Magog e intitolato Wrangel. Avventure siberiane.
Laddove però la storia dell'Isola di Wrangel si tinge di mito è in un'impresa avvenuta esattamente un secolo fa. Quando il Canada finanziò una vera e propria conquista dell’isola. Per l'occasione furono inviati tre marinai americani, un esploratore canadese, Allan Crawford, una donna inuit, Ada Blackjack, con mansioni di sarta e di cuoca, e un gatto. Il gruppo arrivò sulla Wrangel nel settembre del 1921: i coloni avrebbero garantito l’isola al Canada e all’Impero britannico. Fu allora, però, che l’isola li respinse. Terminate le scorte, infatti, il gruppo non riuscì più a procacciarsi del cibo. Nel 1922 furono organizzate operazioni di soccorso dal Canada e dagli Usa, infine inutili. L’anno dopo gli avventurieri sfidano l’oceano per sbarcare in Siberia, ma il grande Nord, letteralmente, li divora.
Ada invece restò sull’isola, ad accudire uno dei marinai, ammalatosi nel frattempo di scorbuto, che morirà poco dopo. Il gatto fu la sua unica compagnia. Maritata a sedici anni e poi divorziata, Ada era, per la società del suo tempo, una donna senza patria e valore. Eppure l’isola di Wrangel in qualche modo le obbedì. La ritrovarono, dopo otto mesi, sopravvissuta a condizioni che definire estreme è un eufemismo. I giornali urlarono alla “Robinson Crusoe donna”. Refrattaria alla fama, Ada fece ritorno a Seattle per curare il figlio malato di tubercolosi – gli altri due le erano morti, anni prima – ma, a lungo andare, non seppe resistere al richiamo del Nord. Ritornò infatti in Alaska, infine, dove morì a 85 anni, ignara di chi scriveva romanzi intorno alla sua epopea.