Viaggi

Il mondo perduto, 5 luoghi che sfuggono alle mappe

Dove l’uomo è un ospite silenzioso e la natura regna sovrana
A cura di   Barbara Balestrieri

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Esistono luoghi sulla Terra così remoti che sembrano sfuggire alle mappe e al tempo stesso catturano la mente con la loro promessa di natura incontaminata e bellezza aliena e selvaggia. All’ombra della globalizzazione, riposano infatti realtà che evocano i solitari panorami di Robinson Crusoe – qualcuno l’ha perfino ispirato; strizzando quindi l’occhio all’immaginario del naufrago per antonomasia, ecco un itinerario virtuale verso 5 angoli ai confini del mondo, dove l’uomo è un ospite silenzioso e la natura indomita, talvolta estrema, regna sovrana.

Tristan da Cunha, l'arcipelago sperduto nell'Atlantico meridionale

Tristan da Cunha. Shutterstock by Simon Butters

Immaginate un arcipelago di minuscole isole vulcaniche, brullo e inospitale, battuto da venti impetuosi, avvolto da nebbie e brughiere e circondato da un oceano sterminato: benvenuti a Tristan da Cunha, un puntino sulla mappa a 4.500 chilometri dalle coste africane che può vantare il titolo di insediamento umano abitato più remoto sulla Terra. Qui, circa 269 anime vivono in simbiosi con la natura, in una cornice pacifica ed essenziale che evoca un'epoca e un mondo ormai alle spalle. Tuttavia, raggiungere questo paradiso sperduto, appartenente al territorio d’oltremare britannico, non è facile, perché l’unica via è quella del mare. Ma la ricompensa, davanti all’impareggiabile incanto di paesaggi mai corrotti dall’uomo, è immensa.

Alejandro Selkirk, prima di Robinson Crusoe

Alejandro Selkirk. Flickr by Jardin Botanico Nacional Vina del Mar Chile

Al largo delle coste del Cile, nell'oceano Pacifico, si profila un sottile lembo di terra che porta il nome del corsaro scozzese Alexander Selkirk, che per 4 anni e 4 mesi rimase in completa solitudine su un’isola deserta con soltanto un moschetto, della polvere da sparo, un'accetta e alcuni strumenti da falegname, un coltello, un piatto da cucina, una Bibbia, un materasso e una manciata di vestiti. Si salvò nutrendosi di sole verdure e capre selvatiche.  Se l’incipit vi sembra familiare è perché fu proprio questa esperienza – lo avevamo accennato – ad ammaliare Daniel Defoe, che la restituì (almeno in parte) nel suo Robinson Crusoe. Paradosso vuole che oggi l’isola che del navigatore porta il nome sia effettivamente un territorio incontaminato, patrimonio UNESCO, raggiungibile soltanto tramite un peschereccio, pressoché disabitato, a eccezione della vegetazione lussureggiante e della ricchissima fauna selvatica, mentre la vicina Isola di Robinson – così ribattezzata l’originale del naufragio di Selkirk – sia ormai la più popolata dell’arcipelago di Juan Fernandez, a cui entrambe appartengono.

Tepuy Roraima, il tetto della foresta pluviale amazzonica

Tenui Roraima. Shutterstock by Curioso. Photography

Un altopiano scosceso ricoperto da una giungla pluviale millenaria: conosciuta come “tepuy”, questa montagna sacra per i popoli indigeni è, di fatto, un’isola sospesa nel cielo, avvolta da misteri e leggende. È un mondo perduto – e non è un caso che abbia ispirato l’omonimo romanzo di Sir Arthur Conan Doyle – sulla cima del monte Roraima, in Venezuela; una meraviglia naturale alta 2.800 metri che si staglia nella foresta amazzonica e rappresenta un caso unico per l’ecosistema peculiare che la caratterizza. Specie vegetali e animali, tra piante carnivore e minuscole rane, hanno avuto infatti la capacità di adattarsi alle condizioni estreme di un paesaggio lunare in cui il vento ha fatto, nei secoli, da scultore nella scura roccia, al punto da dar vita a “el laberinto”, una zona ampia centinaia di metri quadri dove proprio le correnti d’aria hanno scavato nella superficie enormi cubi. Ma a dare l’impressione che non ci si trovi più sulla Terra è anche la valle dei cristalli, un’area completamente ricoperta di quarzi. Un’escursione impegnativa è, tutto sommato, il giusto il prezzo da pagare per un biglietto di andata verso un altro Pianeta.

Alert, il villaggio più settentrionale del Pianeta

Alert. Flickr by Johannes Zielcke

Ad Alert vivono circa una decina di persone, tra scienziati e militari. E non c’è da stupirsi, visto che si tratta del luogo abitato – si fa per dire – più settentrionale del mondo, situato nella punta più estrema del Canada, a soli 817 chilometri dal Polo Nord.  Fondato nel 1950 come stazione meteorologica, questo villaggio è coperto da un manto nevoso per almeno 10 mesi l’anno, con temperature che oscillano tra i - 40 e i 3 gradi centigradi, e per raggiungerlo è stata realizzata un’unica piccola pista aerea spianata nel ghiaccio. Con la notte polare che incomincia a metà di ottobre e dura fino a febbraio e il sole di mezzanotte che sorge dalla prima settimana di aprile per terminare a settembre, Alert è probabilmente il luogo più strategico sulla Terra per osservare l’aurora boreale, che qui esplode in tutto il suo surreale splendore.

Ojmjakon, il villaggio dove il freddo è da record

 

Ojmjakon. Shutterstock by Tatiana Gasich

Se credevate che ad Alert il clima fosse troppo rigido per l’uomo, allora non avete mai sentito parlare di Ojmjakon, in Siberia, dove il termometro ha sfiorato addirittura i - 70 °C, un record assoluto per un centro abitato. Per arrivare in questo villaggio isolato della Yakutia, che ospita circa 800 persone, servono due giorni d’auto da Jakutsk, la città più vicina, e un passaggio obbligato, da effettuare rigorosamente nel lungo inverno, quando i laghi e i fiumi circostanti sono congelati, attraverso la Strada delle Ossa, così chiamata perché costruita da migliaia di prigionieri provenienti dai Gulag di Stalin, molti dei quali persero la vita durante i lavori. Qui la macchina non si spegne mai, perché difficilmente ripartirebbe, nonostante la vita si svolga in buona sostanza all’interno delle case, tutte riscaldate da un impianto di carbone, complici le pochissime ore di luce giornaliere. E se l’acqua viene ricavata dai blocchi di ghiaccio, l’alimentazione si regge esclusivamente su carne e pesce, posto che le condizioni atmosferiche impediscono di coltivare qualsivoglia verdura. Insomma, un luogo di indubitabile fascino, ma non per tutti.

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