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Shutterstock-Photo by metamorworks
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Shutterstock-Photo by metamorworks
Strade ordinate, percorse da auto ibride ed elettriche, incroci fluidi, sistemi di illuminazione all’avanguardia, pannelli solari sul tetto di ogni edificio e, infine, grandi spazi verdi a fare da cornice: non è il fermo immagine di un film futuristico, bensì il profilo ideale della smart city, la città intelligente. Un concetto complesso, entrato nel linguaggio comune con declinazioni diverse, a tratti dispersive, che hanno tuttavia come comune denominatore il ruolo chiave delle tecnologie e del digitale. L’essenza di una città intelligente risiede infatti nella perfetta sinergia tra capitale umano, intellettuale e sociale e infrastrutture. Un’interazione virtuosa che diventa possibile proprio attraverso le tecnologie della comunicazione e dell’informazione, dell’ambiente e della mobilità.
Adesso, in un quadro in cui la competitività urbana cresce ogni giorno, la smart city si erge a paradigma da seguire per orientare le innovazioni delle singole città nella direzione della sostenibilità, nell’ottica di un miglioramento globale della qualità della vita dei cittadini che preservi anche il pianeta.
La città intelligente deve, in sintesi e con un eccesso di semplificazione, essere capace di risolvere i problemi, ma fornirne una panoramica esaustiva, per via della sua natura (ancora) intrinsecamente sfuggente, non è facile. Da un lato esiste infatti la realtà osservabile, dall’altro la teoria finora solo ipotizzata. Tra i punti cardine evidenziati dall’Unione europea – che delle città intelligenti ha fornito un approfondimento – figurano, tuttavia, alcuni aspetti chiave che ne restituiscono l’anatomia: reti di trasporto urbano ed edifici intelligenti, spazi pubblici sicuri, ottimizzazione dell’approvvigionamento idrico, miglioramento delle strutture per lo smaltimento dei rifiuti, ma anche amministrazione cittadina più interattiva e infrastrutture e processi integrati nel settore dell’energia, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Una smart city si serve, inoltre, dell’Internet of Things (IoT), un’estensione della connessione agli oggetti tramite sensori e software che ne permettono lo scambio di informazioni. In un simile contesto, la consapevolezza diffusa tra i cittadini diventa presupposto imprescindibile perché si compia il salto dalla tradizione all’innovazione, fornendo alla città intelligente lo spazio per esistere.
Secondo una classifica di City Vision Score – un progetto di Blum e Padova Hall organizzato con il Comune di Padova e il supporto di Regione Veneto – che ha condotto una ricerca da Nord a Sud per identificare le città più innovative d'Italia, a meritare il primo posto della Top 10 è Milano, seguita da Trento e quindi da Bolzano. Fuori dal podio, in quarta posizione, si situa Monza; è quinta Reggio Emilia, sesta Bologna e settima Brescia. La Capitale ottiene l’ottava posizione, mentre Padova e Bergamo si pongono come fanalino di coda. Tutte le città rientrate nella rosa delle più evolute sul territorio, stando ai dati, dovevano rispondere a sei parametri: governance, economia, mobilità, ambiente, persone e vita (va da sé che a ciascuna di queste categorie si debba giustapporre l’attributo “smart”).
Si tratta di dimensioni che consentono di acquisire un’istantanea relativa anche al benessere dei cittadini. E infatti, tra i vantaggi della città intelligente non sono da dimenticare l’aumento dei livelli di salute dei suoi abitanti, legato in buona parte alla riduzione dell’inquinamento, le migliori prospettive lavorative e, di conseguenza, economiche, l’abbattimento dei tempi d’attesa grazie all'efficienza dell’intero comparto dei servizi e la sicurezza generale, alimentata da sistemi di monitoraggio di ultima generazione, in grado di mantenere il controllo delle strade, disincentivare la criminalità e attivare soluzioni rapide in casi di emergenza.
Certo, esistono anche delle zone d'ombra: se la mole di dati richiesta per il corretto funzionamento della smart city solleva, per alcuni, qualche perplessità in termini di privacy, l'apoteosi della produttività, per altri, rischia di offuscare il contatto con i problemi reali delle persone, oltre che con le persone stesse. Un paradosso se si pensa che il fulcro, qui, dovrebbero essere proprio le connessioni. Insomma, mentre il dibattito si accende – inevitabilmente quando si parla di progresso tecnologico – tra sostenitori e detrattori, non resta che guardare al domani con attenzione.