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Shutterstock by Inked Pixels
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Shutterstock by Inked Pixels
Un tessuto in grado di ridurre la percezione del calore di 2,3 gradi Celsius rispetto ai tessuti sportivi per esterni e di ben 8,9 gradi rispetto alla seta, comunemente usata per gli indumenti estivi: è questo il risultato delle ricerche di un team di studiosi americani, che alla Pritzker School of Molecular Engineering dell’Università di Chicago hanno messo a punto quello che potrebbe diventare il più prezioso alleato per combattere le temperature estreme degli ultimi anni.
Sì, perché con il termometro che nel 2024 ha toccato i 50 gradi in aree come Messico, India, Pakistan e Oman, l’aria condizionata e gli abituali tessuti leggeri fino ad oggi protagonisti dei mesi del solleone potrebbero non bastare più. E allora, mentre nel mondo si cercano strategie a lungo termine per ridurre le emissioni climalteranti, le soluzioni immediate e alternative per contrastare le crescenti ondate di caldo si rendono indispensabili. Basti pensare che, secondo le stime, entro il 2050 circa il 68% della popolazione globale vivrà all’interno delle città, trasformandole in vere e proprie isole di calore, alimentate da cemento, marciapiedi e grattacieli.
Testato sotto il sole cocente dell’Arizona, il prototipo di Chicago si è rivelato in grado di contrastare la radiazione termica, quella che di fatto rende infuocate le città nelle giornate più torride dell’anno. A differenza dei materiali sportivi che riflettono la luce del sole, il nuovo tessuto combatte infatti sia i raggi solari diretti che il calore emesso dalle superfici urbane: secondo gli studiosi di Chicago, solo il 3% dei vestiti è esposto alla luce diretta, mentre il 97% è riscaldato proprio dalle radiazioni emesse dalla pavimentazione e dagli edifici cittadini. Come ha spiegato il co-autore dello studio americano, Chenxi Sui, la luce solare è visibile, mentre la radiazione termica è infrarossa, motivo per cui hanno diverse lunghezze d'onda. Da qui l’esigenza di un tessuto dotato di due proprietà ottiche contemporaneamente.
Andando nel dettaglio, l’avanzato tessuto è composto da tre strati: uno interno realizzato con materiali comuni come lana o cotone per garantire il comfort, segue uno strato intermedio contenente nanofili d’argento funzionali a riflettere le radiazioni termiche e, infine, uno esterno in polimetilpentene, un materiale plastico che emette una banda stretta di radiazione infrarossa e permette al calore di disperdersi. La sua tecnologia, così strutturata, potrebbe contribuire a un sistema di raffreddamento passivo, riducendo la dipendenza dai dispendiosi ed energivori sistemi di aria condizionata, negli Stati Uniti usati dal 90% delle famiglie.
Inoltre, la sua versatilità ha fatto intravedere più di una possibilità ai ricercatori, anche al di fuori del settore dell'abbigliamento: una versione più spessa, protetta da uno strato invisibile di polietilene, per esempio, potrebbe essere usata per edifici e automobili, abbassando le temperature interne e riducendo costi energetici e ambientali. Ma non è tutto, perché questo evoluto materiale potrebbe anche essere utile per il trasporto e la conservazione di alimenti freschi, in modo da alleggerire l'impatto della refrigerazione. Insomma, la strada è lunga e la sfida complessa, ma le ipotesi – e i test – sono promettenti: la prova che, quando la tecnologia incontra la sostenibilità, l’innovazione diventa sempre più tangibile.