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Cuffie a conduzione ossea. Shutterstock- Photo by WR7
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Cuffie a conduzione ossea. Shutterstock- Photo by WR7
Ascoltare la musica sfruttando una tecnologia che, anziché coinvolgere direttamente il timpano, trasmette delle piccole vibrazioni alle ossa del cranio: questo promettono le cuffie a conduzione ossea, una declinazione degli auricolari tradizionali che offre non solo un’alternativa di ricezione del suono a coloro che soffrono di deficit uditivi, ma anche una maggiore sicurezza – ed è il motivo della recente popolarità – agli amanti dello sport outdoor.
Introdotte nel mercato giapponese nel 2002, si sono diffuse velocemente anche in altri Paesi, pur rimanendo ancorate a un mercato di nicchia. Se è vero, infatti, che rappresentano una soluzione ideale per runner e ciclisti che sono soliti allenarsi anche nel traffico della città, dove la soglia dell’attenzione deve rimanere necessariamente più alta che altrove, e per chi è affetto da ipoacusia, lo stesso non si può affermare per gli audiofili, che continuano a preferire le loro compagne standard e più diffuse, per ragioni di performance qualitative. Su questo, però, chi le usa si permette di dissentire: l’esperienza di ascolto – è inevitabile – risulta diversa, posto che il canale di trasmissione non è quello usuale, ma l’audio rimane sorprendentemente pulito.
Quelli che siamo abituati a definire come suoni, altro non sono che vibrazioni, convertiti in impulsi elettrici trasmessi al cervello grazie alle piccole ciglia che si trovano nella coclea, una componente dell’orecchio interno. Diversamente dalle cuffie tradizionali, quelle a conduzione ossea non sfruttano il timpano per la propagazione, bensì – come dice il nome stesso – le ossa poste tra mascella e mandibola. I trasduttori che le compongono, infatti, convertono i suoni in vibrazioni meccaniche, che, una volta raggiunto l’orecchio interno, vengono nuovamente elaborate, mentre i condotti uditivi esterni restano totalmente scoperti.
Molto leggere e senza fili, le cuffie a conduzione ossea – il cui prototipo risale al lontano 1923 – si adagiano al di sopra dei padiglioni auricolari tramite un comodo archetto che, oltre a renderle confortevoli anche per periodi prolungati, ne impedisce lo spostamento durante il moto. Si qualificano così come alleate per definizione degli sportivi che, nel corso delle sessioni di intensa attività fisica, non vogliono isolarsi dall'ambiente circostante, rimanendo vigili e ricettivi rispetto ai rumori esterni. La maggior parte dei modelli è anche impermeabile, qualora tra i nuotatori ci fossero dei curiosi.
Il loro utilizzo resta ancora piuttosto settoriale e specifico, ciononostante è indubbio che si tratti di una tecnologia interessante, sempre in evoluzione, ma comunque preziosa per chi ne ha bisogno o, semplicemente, per chi ama accordare due passioni, lo sport e la musica, la cui coesistenza, nel caos cittadino, è spesso difficile.