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Shutterstock by Philip Lange
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Shutterstock by Philip Lange
Un gelato guarnito con bacon croccante, bicchieri su bicchieri di tè freddo, una moltiplicazione inarrestabile di bocconcini di pollo fritto che ricorda la fiaba dei Fratelli Grimm, La pappa dolce, ma senza parola magica che tenga per fermarla: non sono le ultime trovate di McDonald per conquistare i clienti, bensì gli errori semi-comici, immortalati in video ormai virali, prodotti dall’intelligenza artificiale agli sportelli drive-thru della multinazionale di Chicago. Nel 2021, infatti, il colosso dei fast food aveva avviato, in oltre 100 siti americani, una sperimentazione di ordini automatizzati attraverso Ibm, sperando di rendere più celere ed efficiente il servizio. Ma dopo le ultime immagini di rabbia ed esasperazione innescate dal robot di McDonald (paradigmatici i “basta” sconcertati di fronte all’inquietante scenario, ventilato dallo schermo parlante, di 260 scatole di nuggets non richieste), il progetto è naufragato.
Entro il 26 luglio 2024, la tecnologia di Automated Order Taking verrà quindi sospesa in tutti i ristoranti, con buona pace dei consumatori protagonisti degli sketch più esilaranti diffusi in rete. Tuttavia, ci tiene a sottolineare la catena, si tratta di un arrivederci e non di un addio: l’intelligenza artificiale continuerà a rimanere un obiettivo da integrare all’interno dell’azienda, certo con qualche revisione, posto che un gelato al caramello risulta difficilmente sovrapponibile – ed è solo un altro esempio – a una decina di panetti di burro, almeno secondo la logica umana.
Allora, sostituire il personale con la tecnologia non è immediato come temuto (dai dipendenti) e, al tempo stesso, auspicato (dai fautori dell'innovazione). Ma è anche vero che sono molte le catene di fast food americane che oggi si avvolgono con successo dell’IA: se Wendy’s ha già implementato da un po’ e favorevolmente i suoi sistemi con Google Cloud, Carl’s Jr. e Taco John’s, grazie alle automazioni di Presto, riescono ormai a raggiungere un tasso di ordini corretti che sfiora il 90%. E qui sta la differenza con quanto avvenuto per McDonald, che per la sua sperimentazione si è basata invece su un modello orientato a esaudire le richieste con precisione inferiore già in partenza, per un massimo di riscontro pari all’86%.
Ibm, infatti, sfrutta un sistema denominato “natural-language understanding”, che può essere rappresentato come un albero. È in grado di seguire solo un certo numero di rami e dunque non può spaziare in maniera illimitata, cogliendo questioni complesse come i repentini cambiamenti d’ordine agli sportelli, né decifrare l’indecisione dei consumatori davanti alle opzioni proposte. Per queste capacità servirebbe un altro modello di intelligenza artificiale, istruito per comprendere contesti più ricchi e articolati, afferente alla famiglia dei “large language model”. Insomma, l'uomo batte ancora la macchina, ma la faccenda resta aperta. Se dovesse diventare di tendenza nuovamente un gelato al bacon c’è da augurarsi che, a quel punto, sia voluto.