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Il Padrino - Parte II, Chinatown, Il grande Gatsby, e, per restare a casa nostra, C'eravamo tanto amati e Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto. Il 1974, da un punto di vista cinematografico, è stato un anno memorabile, pieno di grandi film assurti in breve tempo allo status di classici. Ai film citati va, per forza di cose, aggiunto anche Frankenstein Junior (Young Frankenstein in inglese), un cult movie che, a mezzo secolo di distanza, rimane una delle commedie più amate e celebrate in assoluto dal pubblico e dalla critica. Diretto da Mel Brooks e interpretato da un cast eccezionale capitanato da Gene Wilder e Marty Feldman – rispettivamente nei panni del dott. Frederick von Frankenstein e del suo assistente Igor – questo classico del cinema non ha mai smesso di divertire e affascinare. Ma qual è il segreto del suo successo e perché il suo fascino è così duraturo?
Frankenstein Junior è molto più di una semplice parodia, in quanto non ambisce soltanto a imitare un genere rendendolo buffo o cortocircuitandone il senso. Brooks e Wilder hanno infatti reso omaggio al genere horror nella sua matrice più classica (in particolare ai film della Universal degli anni ‘30, come Frankenstein e La moglie di Frankenstein) prima di tutto in termini formali. Le atmosfere gotiche, la scelta del bianco e nero, e i set originali di Kenneth Strickfaden – utilizzati anche nella pellicola di James Whale del 1931 – danno al film una qualità estetica che lo rende unico nel suo genere. Questo rispetto filologico per il materiale originale non solo nobilita il film, ma aggiunge una dimensione di profondità e autenticità che rende ogni gag ancora più esilarante, permettendo allo spettatore di immergersi in una realtà indiscutibilmente "antica" ma, allo stesso tempo, assurda.
Brooks e Wilder hanno creato una commedia che unisce la risata più immediata e crassa con un umorismo sofisticato, spesso sottile e tagliente. Le battute sono ricercate e a volte volutamente sopra le righe, con giochi di parole e gag visive perfettamente calibrate. Le situazioni comiche sono magistralmente orchestrate per giocare su elementi surreali e inaspettati: si pensi alla famosa scena del “Puttin’ on the Ritz,” parodia nella parodia dove il mostro e il dottore danzano insieme in un numero musicale assurdo, esilarante e irresistibile ispirato a Fred Astaire. Questo mix di intelligenza e nonsense ha reso le battute e le scene di Frankenstein Junior indimenticabili e godibili anche a distanza di decenni.
Tra i motivi principali del successo duraturo del film c'è, senza dubbio, l'incredibile cast. Gene Wilder, nei panni di Frederick Frankenstein (o “Franken-stìn,” come preferisce lui), offre una performance memorabile, fatta di espressività e passione, ma anche di follia controllata. L'intera squadra di attori, da Marty Feldman nei panni dell'iconico Igor con il suo sguardo stralunato e i suoi giochi di parole, fino a Cloris Leachman in quelli dell’inquietante Frau Blücher e Peter Boyle nei panni del Mostro, ha dato vita a personaggi stravaganti ma umani. Ogni membro del cast ha dato un contributo unico, trasformando il film in un mosaico di interpretazioni che restano impresse e riescono a suscitare risate anche al cinquantesimo rewatch.
Una delle ragioni per cui Frankenstein Junior ha superato la prova del tempo è che le sue battute e i suoi momenti iconici sono entrati a far parte del linguaggio comune e dell'immaginario collettivo. Espressioni come “Lupo ululà, castello ululì,” o il leggendario “Si-può-fare!” sono diventate, con l'indubbio aiuto di un lavoro di doppiaggio eccezionale, delle citazioni intramontabili che si tramandano di generazione in generazione. Questo dialogo intergenerazionale ha aiutato il film a rimanere popolare e rilevante per mezzo secolo, facendo sì che ogni nuovo spettatore si trovi in un mondo in cui Frankenstein Junior è già parte del bagaglio culturale condiviso.
Nonostante il film sia stato girato nel 1974, il suo umorismo è rimasto incredibilmente fresco. Una delle chiavi di questa longevità risiede nel fatto che il film non si basa su elementi o riferimenti temporanei, che potrebbero risultare datati con il tempo. La sua comicità, basata sui rapporti umani e su dinamiche universali come l’amore, l’ambizione, e il confronto tra scienza e mistero, è tuttora accessibile e divertente per qualsiasi pubblico, indipendentemente dal contesto storico e culturale.
Negli ultimi anni, grazie anche al ritorno dell’interesse per il cinema classico e al successo delle piattaforme di streaming, Frankenstein Junior ha trovato un nuovo pubblico. Molti giovani spettatori, attratti dai grandi film del passato, riscoprono il capolavoro di Mel Brooks, che mantiene intatto il suo fascino. La qualità estetica del bianco e nero, unita al montaggio e alla regia di Brooks, ha permesso al film di essere rivalutato e apprezzato da una nuova generazione, che riconosce in esso una cura e un’arte narrativa difficilmente riscontrabili nel cinema contemporaneo.
Nonostante sia una commedia, Frankenstein Junior parla anche di temi profondi come il rapporto tra creatore e creatura, la paura del diverso e il desiderio di essere accettati. Il Mostro, seppur grottesco, è un personaggio empatico, in cui si riflettono le difficoltà di chi si sente emarginato e incompreso. Il film tocca quindi corde emotive che trascendono la sua natura squisitamente comica, contribuendo a renderlo un’opera completa e intramontabile.
Frankenstein Junior non è solo una parodia ben riuscita, ma un’opera d’arte comica e visiva che continua a brillare per la sua originalità, la sua delicatezza e il suo coraggio nel giocare con i generi. Ancora oggi, a 50 anni dalla sua uscita, il film si rivela un intrattenimento senza tempo, capace di far ridere e pensare, in grado di affascinare ogni nuova generazione di spettatori. La sua longevità testimonia il potere del cinema di qualità, e Frankenstein Junior resta una perla rara che, nonostante i decenni, non ha perso un briciolo del suo irresistibile, travolgente umorismo.