Food & Drink

Tra passato e presente: la rivincita dei grani antichi

Cosa sono, la loro storia e le proprietà benefiche
A cura di   Silvia Bartolomei

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La riscoperta dei grani antichi è un fenomeno che sta guadagnando sempre più attenzione nel dibattito su sostenibilità e nutrizione. Volendo analizzare quanto detto, dobbiamo partire dal presupposto che il consumatore oggigiorno si trova in un limbo: da una parte ha infatti a disposizione prodotti sempre più innovativi, come ad esempio la carne 3d, e dall'altro ha un richiamo nostalgico verso il passato, fatto di prodotti genuini. Quante volte vi sarà capitato di ascoltare i vostri genitori affermare che le merende di una volta erano molto più genuine, sicuramente moltissime volte. Questo ritorno al passato è divenuto sempre più preponderante, tanto che molti agricoltori sono tornati a coltivare grani che rischiavano di scomparire per sempre. Con il tempo si è anche ritenuto che questa tipologia di grano apportasse anche una serie di benefici a chi se ne nutriva, basti pensare al grano Spelta (Gran Farro) e il farro Monococco.

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Ma quali sono i grani antichi?

Attualmente sono giunte a noi diverse tipologie di grani antichi anche se purtroppo il consumatore fa confusione e annovera sotto la categoria grani antichi anche altri cereali che non ne fanno parte. Miglio, amaranto, Teff e quinoa ad esempio non ne fanno assolutamente parte. Sicuramente avrete sentito parlare dei grani antichi più noti come: il grano Spelta, (ricco di Metionina, un aminoacido essenziale), il farro Monococco (un farro appartenete al Neolitico dall’alta digeribilità) e la Saragolla (conosciuta anche con il nome di kamut utilizzato come alternativa al pane, pasta e pizza). I grani antichi sono diffusi in tutta Europa e ovviamente anche in Italia, in particolare in Italia in particolare in Sicilia, troviamo la Tummina, il Russello, il Bidì e il grano Maiorca con il quale si preparano ottimi dolci.

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Cosa sapere

Una risposta unanime vera e propria sui benefici dei grani antichi non si ha, ma è possibile riflettere su numerosi spunti. Le modalità di lavorazione giocano un ruolo cruciale nelle proprietà dei grani e sicuramente un processo in cui i grani vengono lavorati in modo meno invasivo, preservano le loro qualità genetiche. Al contrario metodi moderni spesso privano i grani del loro rivestimento e li sottopongono a temperature elevate, potenzialmente degradando le loro qualità organolettiche. Dal punto di vista gustativo, i grani antichi offrono sapori più intensi e definiti. Ad esempio, il grano spelta è noto per il retrogusto di nocciola.

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Un’altra osservazione da fare riguarda il livello di glutine contenuto: si ipotizza che i grani antichi possano avere un livello di glutine inferiore rispetto a quelli moderni, contribuendo così alla loro maggiore digeribilità. Infine dal punto di vista ambientale e territoriale, l’uso dei grani antichi favorisce la biodiversità e supporta le realtà agricole più piccole, contribuendo alla conservazione di un patrimonio culturale e agricolo prezioso. Sui benefici dal punto di vista territoriale non vi sono di certo dubbi, introdurre queste tipologie di grano nella nostra dieta permetterebbe la valorizzazione di realtà più piccole che cercano di mantenere viva la loro produzione, per non parlare del grande aiuto che darebbero alla biodiversità.

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