Food & Drink
Courtesy of Azienda Agricola Biologica Marco Carpineti
#FFFFFF
Courtesy of Azienda Agricola Biologica Marco Carpineti
Il labirinto, prima ancora che ingegnosa struttura architettonica, rappresenta una chiara metafora della vita, con le sfide che, molto spesso, questa ci pone davanti. le difficoltà e la sensazione, ciclica quanto (fortunatamente) provvisoria, di perdere l'orientamento. Da sempre simbolo del cammino intricato dell’uomo, con valenza più o meno religiosa, il labirinto, nel Rinascimento, esplose come ornamento e passatempo giocoso nei giardini e nei palazzi delle famiglie più nobili e facoltose. E oggi, tra i vigneti del Lazio, diventa maestoso esempio di land art con il progetto Limito, nella Tenuta Antoniana di Marco Carpineti, tra i Comuni di Bassiano, Sezze e Sermoneta, annunciato come “il vigneto labirinto più grande al mondo”, e presentato ufficialmente lo scorso 6 giugno.
Lo sfondo è un paradiso naturale, fatto di boschi, laghetti e, sull’altopiano, i vigneti di Bellone, Abbuoto e Nero Buono dell’azienda. Qui, una porzione di vigna di tre ettari è stata ripensata completamente per dare vita, nel cuore di questo scenario naturale unico nel suo genere, a una vera e propria opera di design: un suggestivo labirinto che rilegge la vigna in una chiave inedita e racconta l’intento della famiglia Carpineti su due binari. Da una parte c'è l'idea di scardinare l’architettura più classica e conforme del vigneto, accogliendo gli ospiti, rimodellando il paesaggio e trasformandolo anche in opera d’arte. Dall’altro invece, c’è addirittura un elemento allegorico, che mostra il labirinto come un luogo in cui perdita e recupero del sé si coniugano; una metamorfosi che trova un parallelo anche nel mondo del vino.
L’opera di land art si compone di un elaborato disegno che ospita due spirali e un labirinto, il tutto avvolto da un turbinio di onde, che vogliono abbracciare chi percorre l’interno della vigna. L’idea nasce dalla volontà di creare un vigneto in grado di includere e accogliere, di ospitare invece che di creare barriere. “Generalmente un filare è composto da un punto A e un punto B, non c’è modo di attraversarlo come vuoi. A me questa cosa ha sempre data un senso di scarsa accoglienza, perché penso che un vigneto debba essere un luogo ospitale che ognuno può attraversare e vivere come vuole”, racconta Paolo Carpineti.
A disegnare e realizzare Limito è lo Studio di Architettura del Paesaggio Fernando Bernardi: 80 metri di diametro, 4 ingressi e 2 soluzioni differenti. Due piazzole per la sosta poste ai lati di esso, circondate da 8 cipressi, svettano come colonne e sono un “punto di riferimento” per chi lo attraversa. Non a caso i vitigni piantati sono in primis Bellone e Nero Buono, varietà riscoperte dall’azienda quando erano praticamente dimenticate e qui allevate secondo metodi di agricoltura biologica e biodinamica.
Le tre varietà sono state scelte con l’idea di rappresentare nel labirinto proprio le uve antiche di quei luoghi e rafforzare ancora di più il concetto di territorio. Inoltre, la scelta ha portato a creare un disegno preciso anche in base alla colorazione delle uve e delle loro foglie in maniera che, con l’arrivo dei primi freddi, cambiassero colore e trasformassero il disegno in un tripudio di nuance che si accendono, fornendo allo spettatore un continuo cambio di scena.