Food & Drink
Photo by Wikimedia Commons
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Eccentrico, indiscreto, dotato di una penna affilata ma, soprattutto, di un colossale appetito, il francese Grimod de La Reynière è passato alla storia come l’inventore delle guide gastronomiche. Classe 1758, figlio di semi-aristocratici esattori di tasse, nasce con una grave malformazione alle mani che condiziona i suoi movimenti, ma non fiacca il suo spirito, nonostante l'indifferenza degli invisi genitori, sostituiti perlopiù da tutori e collegi. Anzi, è proprio la disabilità, arginata (pare) con un congegno di sua invenzione – una sorta di cappello munito di ingranaggi meccanici, tiranti e molle, per alzare e muovere le braccia – a plasmare quell’umorismo dissacrante e acuto ben presto noto a tutta Parigi. Qui studia legge e diventa avvocato, ma la propensione ad aiutare i poveri e gli oppressi dalle imposte, anche a titolo gratuito (un affronto alla tradizione familiare), non piace granché all’ordine, che in fretta lo allontana bollando la sua condotta come inappropriata.
Grimod però non è il tipo che si scoraggia: provocatorio fino al midollo, in pieno Terrore rivoluzionario, noncurante delle instancabili ghigliottine, rivendica istanze monarchiche davanti a Danton e Robespierre; epicureo senza freni, organizza cene in casa per deridere la morale borghese e, in quelle festose occasioni, non fa sconti a nessuno, tantomeno alla famiglia di origine, arrivando a far sedere a capotavola un maiale vivo con indosso gli abiti del padre. Una visione decisamente sgradita ai genitori, che chiedono una "lettre de cachet" (un ordine firmato dal re) contro di lui per ottenerne l'esilio in un monastero vicino Nancy. Un castigo di oltre due anni che si rivela tuttavia una benedizione, perché è proprio alla tavola imbandita dell’abate che Grimod decide di votarsi una volta per tutte alla gastronomia.
Rientrato a Parigi, organizza ogni settimana dei ritrovi culinari fissi per valutare pietanze di cuochi e ristoranti cittadini. Nel tempo, quelle cene del martedì, strutturate formalmente con regole assai severe, si trasformano in occasioni ufficiali, gli invitati in una vera e propria giuria di degustatori, presieduta chiaramente dal nostro Grimod, la cui penna al vetriolo ha ormai l’autorevolezza per decidere la sorte, fausta o infausta, dell’esaminato. Il verdetto diventa legge e fa il giro della Ville Lumière in un battito di ciglia. È così che nasce il fortunatissimo Almanach des Gourmands, sintesi dei giudizi espressi nel corso degli appuntamenti mangerecci, con storia, ricette, aneddoti, consigli e itinerari del gusto nella Parigi post-rivoluzionaria. L’entusiasmo – migliaia le copie vendute – determina l’edizione di ben 8 volumi, tra il 1803 al 1812. In qualche modo antesignano della Guida Michelin, l’Almanach des Gourmands si eleva a Bibbia di tutti i buongustai di Francia; segue il Manuale degli Anfitrioni, una sorta di galateo gastronomico con le qualità culinarie dei diversi alimenti, i menù consigliati da servire a seconda della stagione, l’etichetta da osservare negli inviti e nel servizio. Non manca una rassegna degli errori più comuni dell’epoca, dal raffreddamento dei piatti all’ordine delle portate. Lo spirito pungente – va da sé – è sempre protagonista.
D’altra parte, è proprio la sfrontatezza, unita alla folle passione per il cibo, ereditata dagli avi (“Uno dei miei antenati – racconterà con fierezza – è morto sul campo con onore, soffocato da un paté de foie gras”) e sempre coltivata, a sancire il suo inarrestabile successo nella critica gastronomica, di cui assume tutti i tratti del fondatore. Pur non essendo il primo in assoluto a trattare la materia, infatti, lo stile caustico e altamente riconoscibile della sua scrittura, in cui si fondono erudizione, gusto del pettegolezzo e sarcasmo, diventa un modello di riferimento per il genere in grado di durare fino al presente.
Grimod mutua il lessico dalla critica teatrale e crea un nuovo linguaggio spettacolare per parlare dei piatti, a cui associa nomi di personaggi famosi; sfrutta quindi la sua cultura per giocare sulle assonanze, ricorre al simbolismo. Insomma, rivoluziona totalmente la terminologia culinaria con quell’approccio non convenzionale che dal principio è suo marchio di fabbrica. Armato di posate e taccuino, Grimod riesce così nell’arduo compito – preso con la giusta leggerezza – di dare dignità culturale alla gastronomia, solleticando lo pancia delle persone per arrivare dritto al loro cuore.