Food & Drink
Shutterstock_by_gowithstock
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Viene dal Giappone e si sta diffondendo in pochissimo tempo in tutto il mondo grazie alla generazione Z. No, non si tratta di un videogioco, ma del nuovo trend del momento: il dirty coffee, una sorta di cappuccino eletto dai social per via della sua presentazione (davvero instagrammabile). Alla vista figura come come un latte senza schiuma con una sfumatura di caffè: è questo particolare che lo rende in qualche modo “sporco”, da cui il nome.
La sua preparazione non è banale: richiede di prestare attenzione ai vari ingredienti e sono necessarie alcune accortezze. Per prima cosa dovrete procurarvi del latte vaccino, rigorosamente intero. Dopo averlo versato in un bicchiere lasciatelo nel congelatore per un massimo di 15 minuti: tenete presente che la temperatura bassa del latte è necessaria per creare il contrasto termico con il caffè. Questo andrà così a creare uno strato a sé stante senza unirsi completamente al latte. Trasferite quindi il latte in un bicchiere di vetro e versate il caffè appena uscito dalla moka, molto lentamente – un passaggio è fondamentale per la buona riuscita del dirty coffee.
Un caffè di buona qualità si traduce in un prodotto finale più gustoso, perciò è consigliato utilizzare caffè proveniente da un'unica miscela. Quanto al gusto, la stratificazione non incide particolarmente, posto che resta un caffellatte a tutti gli effetti, ma dal punto di vista estetico il risultato è davvero sorprendente. Per rendere il tutto più goloso in Giappone a questi ingredienti base vengono aggiunte spezie e sciroppi.
Come avviene per molte scoperte stravaganti, il dirty coffee è nato da un errore. Katsuyuki Tanaka, fondatore del Bear Pond Espresso di Tokyo nel 2010, era in compagnia di una sua amica quando, a seguito dell’ordine di un caffellatte freddo con ghiaccio, si vede arrivare una bevanda annacquata. Per risolvere, decide di versarci l'espresso caldo e... voilà, ecco il dirty coffee. E se nei Paesi asiatici ha fatto presto a spopolare, in Europa è arrivato in punta di piedi, per poi diventare il preferito della generazione Z. I primi a proporlo sono stati i proprietari del Dobra Materia di Varsavia, che, affascinati dall'estetica del prodotto, ne hanno saputo cogliere l'essenza a metà tra bevanda e vero e proprio dessert. Insomma, non chiamatelo caffè macchiato.