Arte & Cultura

Vlad III di Valacchia, il vero volto di Dracula

Storia e origini del principe vampiro
A cura di   Barbara Balestrieri

Flickr by Gandalf's Gallery

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È passato alla storia come un principe di rara crudeltà, per molti – a cominciare dai suoi numerosi e terrorizzati detrattori – archetipo del puro male. Un passaparola tendenzioso ha forse influito sulla sua fama sinistra, ma sono le fonti a confermare il pugno di ferro e il volto da carnefice di un uomo che, per tre volte sul trono, non fece mai prigionieri, prediligendo macabre esecuzioni che gli valsero il tetro appellativo di Tepes (Impalatore). Efferato, violento, assetato di sangue e di potere: a questa immagine ha attinto la penna di Bram Stoker, che, con un occhio alla cronaca e uno alla leggenda, ha fatto di Vlad III di Valacchia un’ispirazione per dare forma e sostanza a quello che sarebbe diventato l’emblema della letteratura gotica, il Conte Dracula.

Figlio del diavolo

Il nome, evocativo, a ben guardare non ha richiesto allo scrittore irlandese grandi sforzi di fantasia: nato a Sighișoara, in Transilvania, nel 1431, il vero principe delle tenebre era noto con il patronimico Draculea. Il padre, voivoida (governatore) di Valacchia prima di lui, era infatti parte di un’organizzazione tesa a proteggere il cristianesimo dalle temutissime incursioni ottomane, l’Ordine del Drago (drac, in ungaro), da cui l’appellativo di Vlad Dracul. Ora, il caso – o più probabilmente il destino – vuole che, nel Medioevo, il drago fosse associato al demonio e che, in romeno, “dracul” significhi proprio “diavolo”. Sostenuto da una condotta spietata e famelica, eredità paterna, ecco che “il figlio del diavolo” ha offerto più di un motivo a Stoker per plasmarne un alter ego letterario.

Shutterstock - Photo by BalkansCat

A soli tredici anni, insieme al fratello Radu, fu mandato dal padre alla corte ottomana, come ostaggio o garanzia di sottomissione. Un battesimo di fuoco in un mondo di paura e sopraffazione, in cui presto imparò a muoversi con fin troppo zelo. Appassionato di torture, abituato – si vocifera – a bere il sangue delle sue vittime o a inzupparci il pane per cena, in appena 7 anni di governo condannò a morte oltre 100.000 persone, conservandole come agghiacciante monito in un bosco raso al suolo per lo scopo: Maometto II, in visita nel 1461, rimase pietrificato. Un altro aneddoto narra che alcuni ambasciatori stranieri si sarebbero rifiutati di togliere il copricapo al suo cospetto e che Vlad, per punizione, avrebbe fatto inchiodare i cappelli sulla testa dei malcapitati. Di fatto, i presupposti per un personaggio orrorifico, e nello specifico vampiresco, erano già tutti nel personaggio storico. Pare che, fuori dalla sua dimora – il suggestivo castello di Bran, che sorge sull'antico confine fra la Transilvania e la Valacchia – tenesse una sfarzosa coppa d’oro ricolma d’acqua per gli assetati. Nessuno osò mai rubarla.

Shutterstock - Photo by BearFotos
Il castello di Bran, ai piedi dei Carpazi

Il mostro, l’eroe

Dietro la politica del terrore, la percezione di sé come un crociato, in missione santa per difendere i confini del principato e tutelare la religione in una polveriera, qual era quella dei Balcani, segnata dallo scontro di frontiera con il mondo arabo. Dei tre regni di Vlad fu il secondo, il più lungo, dal 1456 al 1462, a rendere proverbiali i metodi del principe, impiegati in guerra quanto sul fronte interno. Inviso ai più, in particolare alla nobiltà boiarda e ai coloni tedeschi, artefici di rivolte e tentativi di insurrezione soffocati con violenza, il voivoda non lesinava sui castighi di traditori e ribelli: per mantenere l’ordine, ne era sicuro, dovevano essere esemplari. E se agli occhi occidentali, complice l’ingegno creativo di Stoker, Vlad si è così conquistato un posto nell’immaginario collettivo come mostro, in Romania è stato – ed è ancora – idolatrato come eroe nazionale. La ferocia con cui ha contrastato l’espansione ottomana e conservato lo scettro a qualunque costo ha fatto di lui un’icona di patriottismo e coraggio, da lodare a prescindere dai mezzi utilizzati.

Statua di Vlad III, Castello di Bran. Shutterstock by Gabi8o

L'uomo Dracula

Ma c’è un’altra lettura, più recente, che vuole Dracula, innanzitutto, vulnerabile. Secondo un team di ricercatori catanesi che hanno analizzato le tracce biochimiche in tre documenti autografati dal principe sfruttando la spettrometria di massa, una tecnica in grado di caratterizzare tutte le proteine presenti in un campione, ci sono elementi a sufficienza per ritenere che Vlad soffrisse di emolacria, una patologia oculare che porta a secernere lacrime miste a sangue – torna anche il leitmotiv vampiresco. Stando al rapporto scientifico, è inoltre probabile che fosse affetto da una severa infiammazione delle vie respiratorie e della pelle. Ed ecco, allora, che emerge il ritratto di una figura fragile, malata, costretta a venire a patti con l'unica condizione inevitabile anche per un tiranno intenzionato a nasconderla per tutta la vita, quella che, in ultima istanza, lo allontana irrimediabilmente dal riflesso del Conte: la natura umana.

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