Lifestyle

La sindrome da navigatore satellitare

L'eccessiva fiducia nel GPS può rappresentare un problema?
A cura di   Fabio Giusti

Shutterstock - Photo by Bilanol

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Shutterstock - Photo by Bilanol

Shutterstock - Photo by Bilanol

Riuscite a ricordare l'ultima volta che vi è capitato di guidare senza navigatore e, magari, di chiedere addirittura un'indicazione stradale? Lo sforzo mnemonico, posto che vada a buon fine, quasi sicuramente vi porterà parecchio indietro nel tempo, quasi a un'altra epoca. A un tempo fatto di (molto poco metaforici) dubbi amletici in prossimità di un bivio, o a ricerche spesso vane di un segnale stradale e TuttoCittà per la GenZ: era un supplemento delle Pagine Gialle con le mappe stradali dei principali capoluoghi italiani sfogliati in fretta in macchina ai lati della strada. Tutto molto romantico, non c'è che dire, ma con la probabilità piuttosto concreta di sprecare tempo prezioso e, oltre a questo, il rischio di perdersi – letteralmente – sempre dietro l'angolo. 

L'arrivo del TomTom

Shutterstock - Photo by Pincasso

Ad azzerare questo rischio arrivò poi il TomTom. Quello scatolotto – sorta di proto-tablet considerato ormai arcaico – dotato di un piccolo display e di un supporto a ventosa sul retro per il parabrezza, nel tempo soppiantato integralmente dagli smartphone di ultima generazione che, in pochissimo tempo, hanno reso obsoleto l'utilizzo di un device dedicato in via esclusiva alla navigazione satellitare. Ma, nei primi anni del nuovo millennio, il TomTom fu, di fatto, un'autentica rivoluzione: il primo dispositivo GPS, divenuto ben presto necessario per chiunque lavorasse spostandosi in auto e, in ogni caso, utilissimo ad abolire dal nostro quotidiano qualsiasi forma di indecisione di fronte ad un incrocio. E, qualora non bastassero i 75 milioni di dispositivi venduti per capire appieno la sua portata innovativa per l'epoca, basti pensare che il buffo nome dell'azienda produttrice olandese fu esso stesso, per anni, sinonimo di "navigatore". 

Google Maps

Shutterstock - Photo by Chawanat Utapan

Google Maps nasce più o meno in quello stesso periodo, per la precisione nel 2005, ma inizialmente come un sito internet di mappe in grado di calcolare le strade e i percorsi per muoversi più facilmente dal punto A al punto B e, a partire da quella data, ha progressivamente cambiato il modo di trovare destinazioni e informazioni sui punti di interesse. Ma è solo nel 2009, con l’introduzione delle indicazioni vocali e visive in tempo reale, che diventa uno strumento imprescindibile per milioni di automobilisti in tutto il mondo, rendendo obsoleti i classici navigatori stile TomTom. Nel 2014 si aggiunsero poi nuove informazioni sulle attività commerciali presenti nelle mappe, come gli orari d’apertura, le recensioni dei precedenti clienti e addirittura i prezzi, mentre, a partire dall'anno successivo, fu possibile scaricare le mappe nella memoria del telefonino, così da poter utilizzare Google Maps anche in assenza di una connessione ad internet. 

La dipendenza dal navigatore

Shutterstock - Photo by iJeab

Fin qui è storia. Poi c'è da considerare come l'avvento di una tecnologia che, nella pratica, ci impedisce di sbagliare strada abbia cambiato radicalmente le nostre vite, in termini non necessariamente solo positivi. L’eccessiva fiducia in questi strumenti può infatti non solo portare a cali dell'attenzione che, potenzialmente, mettono a repentaglio la sicurezza stessa degli automobilisti e dei loro passeggeri ma, più in generale, creare forme di assuefazione suscettibili di impigrire e, nei casi peggiori, inibire il nostro senso dell'orientamento. Non è infatti pratica poco comune quella di consultare i sistemi di navigazione anche in presenza di destinazioni che conosciamo già benissimo, magari con il solo scopo di essere rassicurati sui tempi di arrivo e, in caso di traffico anche minimo, consigliati su eventuali percorsi alternativi.

Ora, al netto dell'indubbia utilità di questi device, potremmo provare a limitarne l'utilizzo alle sole mete oggettivamente ignote, provando invece a recuperare il piacere dell'orientarci senza aiuti quando si tratta di destinazioni meno desuete. C'è il rischio di perdersi? Forse, ma (come spieghiamo anche qui) perdersi non è sempre e per forza una cosa da temere.

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