Arte & Cultura

Tra simbolo e ricordo, la cultura millenaria del tatuaggio

A Milano una mostra dedicata alla storia del tatuaggio nel Mediterraneo
A cura di   Giulia Mariani

Donna magrebina 1907 Cartolina Riproduzione fotografica di Lehnert & Landrock e Ernst Heinrich Landrock. Courtesy Museo Fercioni, Milano

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Donna magrebina 1907 Cartolina Riproduzione fotografica di Lehnert & Landrock e Ernst Heinrich Landrock. Courtesy Museo Fercioni, Milano

Donna magrebina 1907 Cartolina Riproduzione fotografica di Lehnert & Landrock e Ernst Heinrich Landrock. Courtesy Museo Fercioni, Milano

Simbolo di auto-identificazione o ricordo doloroso, fatto per gioco o per promessa, il tatuaggio racconta chi siamo: la nostra storia, i nostri ideali, il nostro modo di affrontare la vita. L’Italia è il Paese al primo posto per popolazione adulta tatuata: il 48% degli italiani ne ha almeno uno, seguito da Svezia (47%) e Stati Uniti (46%). Diventato parte integrante della realtà sociale e non più soltanto un fenomeno, è ormai giunto il momento di narrarlo senza pregiudizi o false credenze. A farlo, ci pensa il MUDEC di Milano. Dal 28 marzo al 28 luglio 2024, ha luogo una mostra intitolata Tatuaggio. Storie dal Mediterraneo, che mette integralmente a nudo questo mondo, in realtà così poco conosciuto. L’esposizione, a cura di Luisa Gnecchi Ruscone e Guido Guerzoni con la collaborazione di Jurate Francesca Piacenti, è una grande retrospettiva sulla storia millenaria della dermopigmentazione, con un focus particolare sull’area del Mediterraneo.

Ritratto di Emiliano Sanz SaezInizio XX secolo Aristotipo Courtesy Archivio storico del Museo di Antropologia criminale «Cesare Lombroso», Università di Torino

Una tradizione anche italiana

Ritenuta da molti un’area in cui, storicamente, la pratica del tatuaggio non ha mai attecchito fino a tempi recenti, l’esposizione cerca di dimostrare attraverso immagini e documenti come in realtà questa sia una falsa ricostruzione storica: in Italia, nell’Occidente in generale, il tatuaggio è sempre esistito. Non è una prerogativa storica dei Paesi esotici, anzi! D’altronde, altro non è che un modo alternativo per fare arte: è insito nell’essere umano il desiderio, a volte la necessità, di esprimere la propria creatività artistica, e la pelle e l’inchiostro non sono che strumenti differenti da quelli canonici. E tutto ciò che è umano non ha una sola area geografica di riferimento. La mostra racconta la tradizione tricolore attraverso oggetti, strumenti, fotografie, reperti storici, materiali sonori, infografiche, stampe, incisioni, videoinstallazioni, testi e riproduzioni provenienti da musei e istituzioni sparsi nel territorio, che negli anni hanno documentato la presenza di questa forma d’arte alternativa.

Foglio con stampa positiva marche da tatuaggio loretane XIX secolo Stampa e timbro su carta Courtesy Museo delle Civiltà. Collezione Arti e Tradizioni Popolari, Roma

Cronostoria del tatuaggio

Il percorso segue un fil rouge cronologico, dal passato più lontano alla contemporaneità, dalla prima testimonianza di epoca preistorica – Ötzi, il più antico uomo con il corpo tatuato rinvenuto in stato di mummificazione naturale – alle grandi evoluzioni del tatuaggio moderno. Il tatuaggio era già ampiamente diffuso all’epoca degli antichi Egizi, Greci e Romani e pian piano ha assunto i significati più disparati. Da simbolo di devozione a quello di ghettizzazione di coloro che vivono al margine, dalla funzione apotropaica e terapeutica, finché non è diventato una modifica del corpo così socialmente accettata da aver assunto significati privati e non sociali. Nella mostra sono esposte anche immagini e documentazioni provenienti da Paesi extra-europei, soprattutto esotici, con il fine di creare un contorno informativo più generico sulla storia mondiale del tatuaggio.

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