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Shutterstock. Photo by Natalia Derabina
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Shutterstock. Photo by Natalia Derabina
Una spesa come si faceva un tempo, che le nostre nonne ricorderanno, prima dell’inarrestabile ascesa della plastica, senza imballaggi né confezioni: è questa la filosofia dei negozi alla spina, nati in Nord Europa e oggi sempre più diffusi lungo lo Stivale in qualità di alternativa virtuosa e sostenibile all’economia dell’usa e getta.
Frutto di una maggiore consapevolezza nei confronti dell’ambiente, i negozi alla spina attingono al passato per restituire un futuro più ecologico. Se, infatti, nella prima metà del secolo scorso acquistare prodotti di bottega, pagandoli a peso e portando da casa il proprio contenitore, era la normalità, sul finire degli anni Cinquanta, la rivoluzione del polipropilene di Giulio Natta, utilizzato presto nelle fabbriche sotto il nome di Moplen, trovò terreno fertile nell’Italia del boom, inaugurando una nuova era di usi e – soprattutto – consumi. Dai sacchetti da supermercato, alle confezioni alimentari, il dominio incontrastato della plastica ha mutato profondamente l’ecosistema del Pianeta, rivelando l’urgenza di un’inversione di rotta. Non è una sorpresa che bottiglie, vaschette, bicchieri e posate siano tra i rifiuti che costano più cari, perché capaci di sopravvivere integri per decine di anni (ed è una stima al ribasso) in fondo agli oceani e nel suolo. Ecco, quindi, che i negozi alla spina si sintonizzano con le esigenze presenti, spezzando alla radice il legame con l’industria del packaging, nel tentativo di rendere più rispettosa ed etica la spesa quotidiana.
Il meccanismo è semplice: i prodotti – che spaziano dal genere alimentare alla pulizia domestica, fino alla cosmesi – sono esposti in dispenser trasparenti. Sarà sufficiente essere muniti di un contenitore, oppure si potrà optare per il metodo del vuoto a rendere, per cui le bustine di carta (o in tessuto) rilasciate in negozio al momento dell’acquisto dovranno essere riconsegnate la volta successiva. Quanto alla proposta, tra farine, cereali, pasta, dolci, frutta e verdura, latte, olio, saponi e detergenti, i negozi dedicati allo sfuso, che siano artigianali o vere o proprie catene ad hoc, offrono tutto ciò che si trova in un classico supermercato, ma i benefici degli alimenti nudi e crudi vanno oltre il basso impatto ambientale.
Innanzitutto, si spende di meno. L’assenza di packaging fa sì che il consumatore finale non debba pagare quell’extra dato dall’involucro, ancorato alla grande distribuzione. Si acquista, letteralmente, solo ciò che si utilizza, in cucina o in casa: il superfluo non è contemplato. E infatti, in relazione al tema dell’inessenziale, vale la pena sottolineare che qui si può comprare la giusta quantità di prodotto, senza rischiare di esagerare e di destinare gli avanzi al macero. Un modo intelligente, puntando all'obiettivo zero waste, di non sprecare risorse che – e siamo al terzo punto – sono spesso di provenienza controllata e di natura biologica. I negozi alla spina, per vocazione strutturale, prediligono prodotti locali, di alta qualità, difficilmente reperibili nei magazzini tradizionali.
Insomma, non solo si minimizzano i rifiuti (perché ci sarà poco da gettare via, eliminati in partenza gli elementi che gravano sull’ambiente) e la produzione di gas climalteranti (emessi per la realizzazione e lo smaltimento degli imballaggi), ma si smuovono le piccole economie verdi sul territorio. Senza contare l'aria da "c'era una volta" che pervade queste realtà: basta varcare la soglia e la nostalgia è servita.