Arte & Cultura
Shutterstock-Photo by Tomas Marek
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Shutterstock-Photo by Tomas Marek
Una festa mobile dalle origini ancestrali, che fa dell’eccesso la normalità sin dalle sue prime attestazioni, nell’antica Roma, quando si celebrava la fecondità della terra dopo un lungo inverno: il carnevale, multiforme nelle sue manifestazioni, porta ancora oggi con sé l’eco delle sue radici pagane. E se le modalità sono state variamente declinate con il passare dei secoli, a essere rimasta sostanzialmente immutata nel tempo è l’essenza, che ha plasmato tutte le tradizioni e si traduce in gioia di vivere, nella sua accezione più sfrenata e libera. Da qui deriva l’apoteosi della risata, che legittima la beffa, la sovversione delle gerarchie, in una sorta di grande fiera dell’indulgenza.
In Italia, la cultura carnevalesca trova dal principio uno spazio pressoché unico per esprimersi senza riserve nella sua folle sregolatezza e originalità, con eventi che non fanno economia di risorse per rendere i festeggiamenti ogni anno più colorati, divertenti e spettacolari. Tra parate, maschere, danze e riti dal sapore squisitamente folcloristico, il carnevale nostrano non conosce – giustamente – misura. Nel 2024, da calendario, il periodo dedicato è compreso tra il 28 gennaio (domenica di Settuagesima, ossia 70 giorni prima di Pasqua) e il 13 febbraio (Martedì Grasso, immediatamente antecedente al Mercoledì delle Ceneri). Se queste sono le date da tenere d’occhio, non resta allora che scoprire dove andare per vivere un'esperienza indimenticabile. Va da sé che nelle località elencate di seguito ci sia una sola regola: ogni scherzo vale.
Legato inscindibilmente alla maschera, lasciapassare magico per gli abitanti della Serenissima che vedevano estinguersi le distinzioni sociali grazie al potere dell’anonimato, il Carnevale di Venezia è tra i più celebri al mondo, ma anche tra i più antichi, come testimonia un documento del 1094. Ogni anno i turisti accorrono in massa per perdersi nelle vie e nei coloratissimi canali cittadini, popolati dalle iconiche maschere, estrose e barocche, e ammirare dal vivo il Volo dell’Angelo dal Campanile di Piazza San Marco, il tributo al Leone Alato e la rievocazione storica della Feste delle Marie. Non mancano mai all’appello sfilate, eventi gastronomici, concerti, cortei in barca e raffinati galà, con veduta esclusiva su Rialto e Canal Grande.
Se a Venezia regna la maschera, a Viareggio non esiste carnevale senza carri allegorici, secondo una tradizione che affonda le sue radici nel lontano 1873. Allestiti grazie al lavoro straordinario di artigiani e operai, i carri, realizzati in cartapesta, sfilano ogni anno esibendo caricature in cartone di personaggi dello spettacolo e della politica, in una scenografica e irrefrenabile satira del mondo di oggi. E mentre va in scena la contemporaneità, sotto lo sguardo di centinaia di migliaia di partecipanti chiamati ad assistere al provocatorio corteo dei grandi temi internazionali, ambientali e sociali, su tutto il Lungomare di Viareggio si tengono le feste rionali, che rappresentano il cuore popolare di questa festa, la cui fama è ormai indiscussa in tutta Europa (e non solo).
Risalente al 1347, il Carnevale di Fano, nelle Marche, è secondo per anzianità solo a quello di Venezia. I carri allegorici sono realizzati seguendo il principio dell’eccentricità e, ogni anno, sfilano su via Gramsci nelle tre domeniche che precedono il Martedì Grasso, attirando folle di turisti e locali. Il tratto peculiare, però, non risiede tanto nell’esibizione dei carri creativi, che pure raggiungono dimensioni eccezionali (16 metri), quanto nel fatto che si accompagna alla processione il famoso “getto”: quintali di dolciumi vengono lanciati agli astanti, in una festosa condivisione che rallegra adulti e, soprattutto, bambini. Se in testa al Corteo si pone il Pupo, maschera tipica del carnevale fanese, a chiudere è quello della Musica Arabita (ossia “musica arrabbiata”, in dialetto), che si contraddistingue per l’uso quanto meno stravagante di strumenti di fortuna, come caffettiere, bottiglie, barattoli e ombrelli: insomma, chi più ne ha più ne metta.
Gemellato con il carnevale per antonomasia, quello di Rio, il Carnevale di Cento, in provincia di Ferrara, mette in scena una folcloristica gara di carri allegorici che si sfidano tra loro contendendosi la vittoria, attribuita sulla base di quattro parametri: costumi, animazione, musica e, soprattutto, gettito, ossia il tradizionale lancio alla folla, non di dolci, come avviene a Fano, bensì di gonfiabili e peluche. Legato alle arti e ai mestieri, questo antico carnevale (le cui prime manifestazioni risalgono al XVI secolo) raggiunge l’apice delle celebrazioni l’ultima domenica in Piazza Guercino, con il rogo del Tasi, la maschera caratteristica del luogo, salutata dagli spettatori nella cornice di un grandioso spettacolo pirotecnico.
E se il folclore regna sovrano nel Belpaese, non si può non includere nella lista il Carnevale di Ivrea, in Piemonte, che fa della rievocazione storica la sua caratteristica dominante. La famosa “Battaglia delle Arance”, infatti, rientra tra le celebrazioni più originali sul territorio per la sua natura fortemente simbolica: a prendere vita, di Martedì Grasso, nel conflitto tra le due fazioni di “aranceri”, a piedi e a bordo dei carri, è l’eterno antagonismo tra popolo e tiranno. Le forze dell’altezzosa nobiltà si fanno trainare da pariglie o quadriglie di cavalli e indossano grottesche maschere protettive, mentre i tiratori privi di mezzi, come popolani in rivolta, fanno affidamento sul lavoro di squadra per avere la meglio sugli avversari.
L’intera città diventa così teatro dello scontro, al termine del quale i gruppi che si distinguono per valore e tecnica vengono premiati da una speciale commissione. Chi non volesse essere colpito dalle arance è chiamato a indossare un berretto rosso – ma non ci sono garanzie di salvezza. La suggestione storica torna a essere protagonista anche nel falò dell’Abbruciamento dello Scarlo, nell’Alzata degli Abbà e nella presentazione della Mugnaia.